Archivi giornalieri: 2 Novembre 2014


XXXIII – FORMAZIONE

Cenare abbiamo cenato anche stasera. E anche bene! E ho pure bevuto! Un tozzo di pane raffermo, una crosta di formaggio e un bicchiere di acqua del rubinetto. Ha preparato tutto Monica. Io non ho dovuto fare niente. Ma proprio niente! Mangiare, bere e basta! E non sto scherzando, davvero! O, meglio, sto scherzando su ciò che abbiamo mangiato, ma non sul fatto che non ho dovuto fare niente. È da un po’ di tempo che non faccio più niente. In casa, intendo. Beh, non proprio niente. Perché faccio tanta formazione… Cerco di spiegarmi meglio.


XXXI – MOLLY

Va beh, cenare abbiamo cenato anche stasera. La pasta al pomodoro mi piace. Sì, mi piace proprio. Spaghetti, mezze penne o conchiglie. Non le farfalle o i fusilli. Ma questa è un’altra storia. Vero Giorgio? Staserà vi parlerò di Molly. Molly era una gazza ladra. La trovò mio papà nel giardino di via Baracca nel 2001. Ma come? Non avevate traslocato in via Gramsci nel 1974? Sì, però a maggio del 1992 i mie genitori tornarono in via Baracca perché io e Monica ci saremmo sposati il 20 settembre 1992 e in via Gramsci ci avremmo abitato noi. Quando mi sposai, avevo 25 anni, Monica 24. Ah, sia chiaro: non ci siamo sposati così giovani perché Monica era incinta. Adesso ci si sposa molto più tardi. In un’altra storia vi dirò che cosa ne penso io, sempre che v’interessi. Torniamo a Molly.


XVII – TILL

Questa volta il titolo del racconto l’ho già deciso. Lo intitolerò “Till”, come il nome del primo cane che ho avuto. Era un bastardino. Un meticcio, in italiano. Uno pseudo-volpino nero con le estremità delle zampe e della coda di color bianco. Ce lo regalarono, non ricordo chi, quando io non avevo ancora un anno. Praticamente eravamo della stessa classe. Coetanei, in italiano. Qualcuno potrà obiettare: come fai a ricordarti che ve l’avevano regalato se avevi solo un anno? Non me lo ricordo infatti. È che i bastardini non li vendono adesso come non li vendevano allora. Per questo non possono che avercelo regalato.


XV – TANTI BACIONI NONNO

Ho cambiato idea. In “L’ortaglia” scrissi testualmente “Pur essendo piccolo, mi ricordo molto bene anche di quando mio nonno morì. Era il 15 maggio del 1974, aveva 67 anni, io facevo la 1a elementare. Scriverò anche quella di storia, ma non ora perché non voglio intristirmi…”. Ho deciso di scriverla subito. Via il dente via il dolore! Non ricordo di preciso quando mio nonno si ammalò. Ricordo bene, però, quella volta che andai a trovarlo in ospedale. Ci andai a piedi, con mia nonna. Non mi lasciarono entrare perché ero troppo piccolo. Lo ricordo bene. Mio nonno mi scrisse due righe sul retro di un biglietto. Era un buono di consegna di due metri cubi di sabbia e di sei metri cubi di ghiaia dei Fratelli De Poli. Probabilmente l’unico pezzetto di carta che aveva nel portafoglio. Fino a poco prima di morire lavorò alla casa di via Gramsci, dove […]


XXIV – L’OMINO GIALLO

Da quando andai al pronto soccorso dell’ospedale di Treviglio, era il 17 marzo dello scorso anno, a oggi, ho fatto solo tre radiografie. Oggi vi racconterò delle radiografie. Devo, però, fare una premessa. Abito in un piccolo paese, l’ho già scritto anche in altri racconti. Quando andai la prima volta all’ospedale di Treviglio, la notizia del mio ricovero si diffuse piuttosto velocemente. Non so se mai riuscirò a scrivere di quei giorni terribili per me e Monica… Che cosa diciamo alla gente? Per gente intendo tutti: parenti, amici, semplici conoscenti, colleghi di lavoro. Ci ponemmo quella domanda. Ma, soprattutto, ci ponemmo la domanda di cosa dire a Luca e Chiara. La verità. Dobbiamo dire la verità. Senza dovizia di particolari, ma dobbiamo dire la verità. Questa fu la risposta che ci demmo.


LXXXXII – OGNISSANTI

Ieri giornata impegnativa. Molto impegnativa, anche fisicamente. Ci ho messo un paio di mesi a sviluppare questo progetto. Solitamente, quando rincasavo dal lavoro, andavo a camminare un’oretta con Giorgio e poi cucinavo. Davo una mano in casa, per intenderci. In questo periodo non ho fatto altro che lavorare al progetto. Dalle 17.00 fino a tarda sera, a volte anche la notte. Penso, anzi ne sono certo, visto il numero di richieste di amicizia che ho ricevuto in un solo giorno, che ne sia valsa la pena. Sì, ne sono certo! Mi ero portato avanti. Ho già scritto molti racconti, è vero


LXXIV – CURVA CAFONI

Ci siamo lasciati che erano le ore 12:00 di oggi, ma poi ne sono successe di cose. Andiamo per ordine. Tornati a casa, Monica ha impastato la pasta della pizza per la cena. Io ero veramente “cotto” per lo sforzo mattutino, così mi sono messo sul divano a scrivere qualcosa… e ho scritto “Noemi”. Alle 16:00 circa Monica mi ha chiesto “Hai voglia di fare un giretto all’oratorio? C’è la castagnata missionaria”. “No” le ho risposto, perché ero veramente fiacco. “Un salto facciamolo lo stesso…così ringrazio Noemi” Aggiunsi. Arrivati in oratorio, dopo aver chiacchierato un po’ con Noemi, usciamo nel cortile sul retro. “Come facciamo a mangiare le castagne senza bere un bicchiere di vin brulè?” dico a Monica. “Non dovresti bere il vino” mi risponde. “Sì, ma le castagne da sole stoppano… e poi non l’ho mai bevuto e guarda cosa mi è capitato”. Povera Mony…


XII – ITIS

Ho frequentato l’Istituto Tecnico Industriale di Stato “Augusto Righi” di Treviglio dal 1981 al 1986 e ho conseguito il diploma di Perito Industriale Capotecnico nel 1986. Specializzazione Elettrotecnica. Voto quarantasex/sessantesimi. Scritto proprio così sul diploma, con la “X” al posto della “I”. Per evitare che il diploma fosse falsificato trasformando il sei in un sette. Serbo dei ricordi indimenticabili di quegli anni. Anche se non mi piaceva particolarmente andare a scuola. O meglio, andare a scuola mi piaceva, diciamo che non mi entusiasmava molto studiare… In quinta superiore eravamo in diciannove e ci diplomammo tutti. Ehm, ci hanno fatto diplomare tutti. Sì, perché sia gli insegnanti sia il Preside non ne potevano proprio più di noi. Non sto scherzando! Mi ci vorrebbe una vita intera per scrivere di quei cinque anni. Giustappunto. Una vita intera. Peccato che una vita intera non ce l’avrò…