XCVII – NOVECENTO GRAZIE, ANZI NOVECENTOUNO!


Stanotte ho dormicchiato abbastanza bene.
Solo un po’ di mal di stomaco e mal di pancia.
Sono gli effetti collaterali della chemio: il giorno dopo la chemio sono “coperto” dai farmaci che m’iniettano prima dell’infusione del farmaco.
Poi un paio di giorni così così.
E vai di Buscopan…Oggi tappato in casa, domani si vedrà.
Da lunedì dovrei stare meglio.
Luca è in giardino a potare tutti gli steli delle Bletille striate, le orchidee fucsia, e a raccoglierne le foglie.
Sono ingiallite, non sono più di colore verde smeraldo: è il momento giusto per potare gli steli.
Ci metterà un bel po’ perché l’aiuola è grande.
Aveva piantato qualche rizoma mio papà quando, nel 1974, ci trasferimmo in via Gramsci. Si moltiplicano a dismisura.
Se riesco, oggi pomeriggio, cercherò qualche foto e la pubblicherò su Facebook, giusto per farvi capire.
Monica è a un corso di aggiornamento a Milano.
La saluto.
Leggerà questo racconto quando tornerà a casa, perché ha un telefono “antico”, proprio come il mio. Io preferisco un telefono antico, lei non lo so…
Stamattina volevo scrivere un racconto, ma poi ho pensato che sarebbe stato meglio scrivere uno pseudo-racconto, come li chiamo io.
Sì, perché voglio spiegare alcune cose.
Rileggo la presentazione del progetto “MY EVEREST rev. 1 del 29.10.2014 – Ospedale San Raffaele”.
La inviai a Lorena chiedendole se poteva inoltrarla a chi di dovere. Allegai all’e-mail anche i tre pseudo-racconti che avrei reso subito pubblici a completamento delle informazioni del profilo Facebook.
Scrissi a Lorena “Come ti accennavo, se per i referenti dell’ospedale che si occupano di queste iniziative non ci sono problemi, venerdì 31/10/2014 apro il profilo Facebook. Diversamente, se ci sono delle correzioni da apportare sulla parte relativa alle modalità di versamento, o per qualsiasi altra cosa, ti lascio i miei riferimenti affinché mi possano contattare”.
Rileggo anche la prima presentazione del progetto.
La preparai in una settimana. Si chiamava “THE MY EVEREST rev. 0 del 07.09.2014”.
La inviai ad uno dei pochi personaggi pubblici che stimo veramente, un vero guru. Una prima volta il 7 settembre e una seconda volta il 10 ottobre. Nel secondo invio allegai all’e-mail anche le informazioni rev. 2 del profilo Facebook.
Inviai a lui il progetto ancor prima di parlarne con Monica. Perché volevo sapere cosa ne pensasse.
Non ricevetti alcuna risposta, non so perché.
Una bella sportellata, anzi due, poiché le mail che avevo inviato erano due.
Quella “mancata risposta” la interpretai così “Ma chi sei? Dove vuoi andare? Che cosa vuoi da me? Non vedi come sei conciato? Ti consiglio di sdraiarti a letto, di guardare il soffitto e di aspettare”.
Quattro domande e un consiglio.
Nella vita ho sempre cercato di stare con i piedi per terra. Di “volare basso” per intenderci, tenendomi tutto dentro. Ho sempre cercato di tenere a freno l’esaltazione nei momenti in cui le cose giravano bene, così come ho sempre cercato di non abbattermi quando giravano male. E, male, giravano spesso.
Ho sempre fatto di testa mia, quello è vero.
Poche volte ho accettato consigli e poche volte ne ho dati.
Ho fatto mio l’aforisma di Paulo Coelho “Ho imparato che è meglio dare consigli in due circostanze: quando sono richiesti e quando ne dipende la vita”.
È vero o no, mio stimatissimo Fabio?
Sdraiati a letto, guarda il soffitto e aspetta…
Eh no cazzo!
Ho fatto di testa mia…
E ho fatto bene!
Lo testimoniano le 900 richieste di amicizia ricevute in una settimana.
Anche se, onestamente, non me ne sarei mai aspettate così tante.
Giovedì scorso, prima della terapia, ho avuto il primo incontro con i referenti dell’Ospedale San Raffaele che mi supporteranno in questa iniziativa.
In “The my Everest” del 07/09/2014, le parole che identificavano il progetto erano “I dream, I hope, I’m alive”.
In “My Everest” del 29/10/2014, le parole che identificavano il progetto erano “I hope, I dream, I alive”.
Poi, in corsa, decisi di togliere la “A” di alive perché Alessandro mi disse che la frase, in inglese, non era grammaticalmente corretta.
Si arrivò così a My Everest: I hope, I dream, I live.
Daniel e Roberto, però, mi avevano già fatto una gradita sorpresa: la bozza della T-shirt che riportava nel logo la scritta “I hope, I dream, I alive”.
Bozza della T-shirt, anzi della maglietta, perché mi piace di più, che avrei voluto vendere a una cerchia ristretta di amici e colleghi a un costo contenuto. Una cinquantina di magliette in cui non comparisse il mio nome ma solo il logo. Una maglietta essenziale, per capirci, i cui proventi sarebbero stati interamente versati al San Raffaele.
La maglietta blu che vedete postata da Marco su Facebook per intenderci.
Marco: ti ringrazio per le commoventi parole che mi ha scritto. Davvero! E visto che il tuo obiettivo di superare i 6 mi piace l’hai raggiunto, perché alle 12:55 di oggi sei già a 89, vedi di restituirmi la maglietta un po’ alla svelta!
Scherzo dai, lo so che me l’hai già restituita.
Visto che è la prima maglietta con una “A” di troppo potrei anche metterla all’asta e donare il ricavato…
Mi ripeto: ero fermamente convinto della bontà dell’iniziativa.
Se però avessi atteso la risposta di quella prima mail che inviai, lo sapete dove sarei adesso?
Sdraiato a letto, a guardare il soffitto e ad aspettare…
Oddio, sdraiato a letto lo sono. E un’occhiata al soffitto l’ho data.
Però non sto aspettando, sto scrivendo e sto sperando…

Rivolta d’Adda, sabato 8 novembre 2014

PS1
Ringrazio tutti coloro che mi stanno già seguendo e tutti quelli che mi seguiranno in futuro.

PS2
“Purtroppo per me la vita è un punto luminoso in fondo a questa galleria buia a volte calda a volte gelida…”
Non sono parole mie, ma di un caro amico. A lui dedico questo pseudo-racconto. È un modo per poterlo ringraziare di tutto…

citazione Coelho