I modelli preclinici in campo oncologico servono, tra le altre cose, per generare ipotesi sulle modalità di sviluppo, crescita, invasività, metastatizzazione dei tumori, sui meccanismi d’azione e sull’efficacia dei trattamenti, sullo sviluppo di resistenza al trattamento. Attraverso studi in vitro e in vivo, si cerca di individuare e costruire il razionale per gli studi da promuovere poi nell’essere umano. Di fatto, non esistono modelli preclinici che siano completamente predittivi di ciò che accade nell’uomo e spesso le teorie formulate in laboratorio si dimostrano infondate in ambulatorio.
A volte vengono riportati dai media e su internet titoli trionfalistici o entusiastici che generano speranze nelle persone che soffrono per le patologie neoplastiche e nei loro cari. Ne è un tipico esempio l’articolo attuale: “Tumore del pancreas, un farmaco contro il diabete rallenta la sua progressione“.
Questa modalità di comunicazione superficiale e poco competente, non solo vende illusioni emotivamente devastanti per guadagnare attenzione e clic in modo deontologicamente discutibile ma è potenzialmente dannosa per la salute stessa dei malati.
Infatti, leggendo il titolo in questione, molte persone affette da tumore pancreatico mi hanno chiesto di poter assumere la metformina, che è un farmaco a basso costo facilmente reperibile, e ad alcuni altri pazienti è stata direttamente prescritta dai propri curanti. Quello che il titolo e l’articolo non dicono e che siamo ben lungi dal poter affermare che i riscontri di laboratorio siano validi nell’uomo.
La metformina ha indiscutibilmente un razionale noto da molto tempo per poter essere testata in studi clinici (cioè sull’uomo): a parte i risultati della ricerca animale e sulle colture cellulari pubblicata su Plos, che suggeriscono un’azione benefica del farmaco sullo stroma, sulle cellule che lo producono e sull’infiltrato infiammatorio (ma che non documentano un reale effetto anti-tumorale legato a questo ipotetico meccanismo d’azione), numerosi precedenti studi avevano evidenziato alcune altre proprietà molto interessanti. Per esempio, la metformina riduce i livelli circolanti di insulina e del fattore di crescita insulino-simile, agisce sulla respirazione mitocondriale e sul sistema di mTOR, riduce la proliferazione delle cellule staminali tumorali e l’espressione di geni tumore-associati, ottenendo in teoria tramite tutti questi effetti un’azione inibente sulla crescita tumorale.
Da qui ad affermare che la metformina rallenta la crescita del tumore pancreatico, il passo è molto lungo ed esistono già evidenze in senso opposto da studi condotti sull’uomo. Il nostro gruppo ha recentemente pubblicato i risultati di uno studio randomizzato (cioè in cui il trattamento standard oppure sperimentale viene assegnato a sorte) indipendente, finanziato da AIRC, in cui i pazienti venivano trattati per un tumore del pancreas metastatico con la sola chemioterapia standard a base di una combinazione con 4 farmaci oppure con la stessa terapia associata a metfomina (Reni M et al, Clinical Cancer Research, 2015). Questo studio è stato interrotto prematuramente dopo l’arruolamento di 60 pazienti perché un’analisi intermedia dei risultati ha dimostrato che chi aveva ricevuto metformina aveva un rischio raddoppiato di avere progressione di malattia, e un rischio di morte per malattia aumentato del 56% rispetto a chi aveva ricevuto la sola chemoterapia.
Analogamente, uno studio olandese che utilizzava la metformina in associazione ad una chemioterapia con un solo farmaco (Kordes S et al, Lancet Oncol, 2015) ha ottenuto risultati simili con una riduzione di oltre il 10% della probabilità di essere vivi a 6 mesi dall’inizio del trattamento.
Appare quindi evidente come sia fuorviante e pericoloso pubblicare notizie premature, incomplete e non verificate in patologie delicate come quelle neoplastiche.