My Everest finanzia una data manager all’Ospedale San Raffaele


Una grande notizia che in molti aspettavano: grazie alle donazioni ricevute fino a oggi, il progetto di Luigi diventa ancora più realtà. Al lavoro del dott. Michele Reni, infatti, si affianca da qualche mese anche quello della dott.ssa Silvia Romi, data manager, la cui presenza in reparto è finanziata proprio dalla raccolta fondi fatta da My Everest.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere e incontrare la dott.ssa Romi e ve la presentiamo in questa intervista.

Dott.ssa Romi, è un piacere poterla avere nella squadra di My Everest. Ci racconti un po’ ciò che ha fatto fino a oggi e perché ha deciso di fare questo lavoro.

Sin da quando avevo 4 anni volevo fare “da grande” un lavoro che mi consentisse di poter aiutare gli altri. A quell’età volevo fare la pediatra e la ricercatrice e come hobby l’archeologa. I bambini quando sognano cosa faranno da grandi non hanno idea del tempo che necessita qualsiasi tipo di impiego, quindi quando mi dicevano che non avrei potuto fare tutte le cose che volevo non ci credevo affatto.
A 8 anni ho avuto “la svolta”. La mia mamma non stava bene, mi dicevano che aveva “un brutto male”, aveva un tumore al colon. Mi sono spaventata moltissimo, perché sapevo che anche il mio nonno lo aveva avuto e purtroppo era mancato quando la mia mamma aveva appena 9 anni e mio zio 8. Ho avuto paura, pensavo di rimanere anche io senza un genitore. Ho pregato e pianto a non finire. La paura di poterla perdere era enorme e le parole del mio papà e della mia mamma che mi dicevano di stare tranquilla non mi davano conforto. Ero letteralmente paralizzata da quella paura, dal fatto che la storia si potesse ripetere; così una notte ho deciso che non volevo che nessuno provasse quel sentimento e soprattutto non volevo che nessun bambino potesse provare il dolore che aveva provato la mia mamma quando aveva perso il suo papà, quindi ho deciso che avrei dovuto fare qualcosa, “da grande” mi sarei impegnata nella ricerca.
Quindi finito il liceo linguistico ho iniziato a percorrere la mia strada verso il mio sogno andando a studiare Biotecnologie, presso l’Università degli studi di Milano Bicocca e facendo il mio periodo di stage presso l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, e poi Biotecnologie mediche e farmaceutiche presso l’Università degli Studi di Pavia, facendo il tirocinio e la tesi presso l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
È stata dura, ma quel sogno, quel desiderio di poter aiutare gli altri mi ha portata fino alla laurea.

 

In concreto e con parole semplici, può spiegarci di cosa si sta occupando e a quali risultati puntate lei e il Dott. Reni?

Mi occupo di protocolli sperimentali, ovvero studi in cui ai pazienti che vengono arruolati vengono proposte nuove terapie non ancora in commercio oppure vengono proposte combinazioni di farmaci già in commercio, ma che non sono mai stati provati in combinazione. Ciò che si vuole ottenere da questo tipo di ricerca è un miglioramento nella cura dei pazienti affetti da tumore, ad esempio trovando un farmaco o una combinazione di farmaci più efficace, ma soprattutto un miglioramento della qualità della vita del paziente.
Insomma, che senso avrebbe avere un farmaco che mi aiuta nella diminuzione del tumore, ma che da effetti collaterali a non finire? A nulla, perché il miglioramento della malattia deve andare di pari passo al miglioramento della qualità di vita del paziente.

 

Conosceva già Progetto My Everest?

Sì, ne avevo già sentito parlare anche in TV. Mi ha colpito moltissimo, perché si sente sempre parlare di quella o l’altra iniziativa o l’associazione “X, Y o Z”, ma questa mi aveva davvero affascinata. Spesso si sentono i nomi delle persone che fondano le associazioni o gli acronimi della malattia, mi piace che invece Luigi abbia inserito la sua passione. Mi ha dato l’impressione che potesse immediatamente trasformare qualcosa di negativo e tragico come questa malattia in qualcosa di bello, positivo, che dà speranza.

 

Quale messaggio manderebbe a Luigi?

Prima di tutto lo ringrazierei perché è grazie a lui se ora ho una vera occasione di crescita. Per crescita non intendo solo quella professionale che per di più è ottima, considerato che ora mi trovo in uno dei Centri migliori e all’avanguardia che ci sono, ma anche personale. Grazie a questo lavoro ho la possibilità di poter conoscere i pazienti e sentire ciò di cui loro hanno bisogno, cosa che non avrei mai avuto la possibilità di fare se fossi stata “chiusa” dentro a un laboratorio. Ho una risposta concreta da parte loro, perché ho un confronto con loro e ciò comporta una crescita.
A luglio avrò 27 anni, quindi mi rendo conto di essere ancora alle prime armi, ma in questi 4 mesi di lavoro penso di avere imparato tanto e di essere maturata almeno un pochino sia a livello personale che professionale. L’Università è importante, ma è lavorando che affronti veramente i tuoi limiti e spero di poterlo continuare a fare, spero di poter continuare a crescere.
Poi gli direi che farò del mio meglio per poter far bene il mio lavoro, per poter aiutare il prossimo, perché è il mio sogno da una vita e quindi darò il 100% ogni giorno e gli direi che spero di non deluderlo mai.

 

Noi di My Everest non abbiamo dubbi che sarà proprio così!

Luigi sarà sicuramente contento di vedere come il suo progetto stia andando avanti grazie agli sforzi di tutti coloro che continuano a prodigarsi per My Everest e a donare per la ricerca contro il tumore al pancreas.

Auguriamo alla dott.ssa Silvia Romi e al dott. Michele Reni un buon lavoro e vi terremo informati sui passi avanti!