LXVI – RIMPIANTO


Ho un rimpianto…
Apro prima una parentesi.
Non mi piace essere commiserato da nessuno per la malattia che ho.
Anzi, essere commiserato m’infastidisce proprio.
Ma proprio tanto!
Così come m’infastidisce una persona.
Quello che mi chiede come sto, ma solo per essere a posto con la sua coscienza.
Quello che sa cosa sto passando io…
In che senso?
Nel senso che mi dice “Io lo so cosa stai passando…”.
Ma che perbacco ne sai tu cosa sto passando io?
Ma fatti un po’ i perbacchi tuoi!Lo scrissi anche in “Perbacco!” che mi ero ripromesso di utilizzare questo termine. Ma perbacco non rende proprio l’idea.
Abbiate pazienza.
Ma che cazzo ne sai tu cosa sto passando io?
Ma fatti un po’ i cazzi tuoi!
Scusate, ma quando ci vuole ci vuole!
Se proprio vuoi, con la tua faccia contrita, limitati a dire “Posso immaginare cosa stai passando” o “Non immagino neanche lontanamente cosa stai passando“.
O, meglio ancora, non rompermi i coglioni! Anche perché te l’ho già detto una volta che non mi devi rompere i coglioni!
Non in un modo così diretto come sto facendo ora. Avevo fatto un grosso sforzo per fartelo capire in modo diplomatico.
Scusa se te lo chiedo: perché hai aperto questa parentesi? Cosa c’entra col rimpianto?
Boh, non so perché l’ho aperta… perché mi andava di aprirla e basta! Non c’entra nulla col rimpianto.
A questo punto speriamo che legga questo racconto.
E speriamo anche che capisca che sto parlando di lui.
Ok, ok don Luca.
Lo so.
Dovrò venirmi a confessare…
Ma stavolta solo perché ho usato di nuovo quel termine.
Non perché ho scritto ciò che penso.
Chiudo la parentesi.
Torno al rimpianto.
Ricordate in “Mony” quando scrissi che non ricordavo di aver mai detto a mio papà che gli volevo bene perché era sottinteso che gliene volessi?
Neanche a mia mamma l’ho mai detto.
Sono stato lì lì molte volte per dire quelle parole, ci sono state anche le occasioni giuste. Con entrambi, ma non sono mai riuscito a dirle…
Sia chiaro: non che loro avessero bisogno di sentirselo dire. Lo sapevano che gli volevo bene. Nel senso che un genitore lo capisce da come un figlio si comporta con loro se gli vuole bene o no. Soprattutto quando il proprio figlio ha una certa età. Non gli ho mai fatto mancare l’affetto e sono sempre stato presente nei momenti difficili. Poi sono anche figlio unico. In quel senso penso di essere a posto con la mia coscienza. Ma proprio a posto, davvero.
Ho maturato questi pensieri ben prima di quando vennero a mancare, per cui molto prima che mi ammalassi. Non è che da quando mi sono ammalato sono diventato più buono, anzi…
Ho già scritto più volte che mi ritengo “non buono”.
Se solo potessi tornare indietro, glielo direi che gli volevo bene.
A entrambi.
Eccome se glielo direi.
Non tanto per loro, ma per me.
Per non rimpiangere di non averglielo mai detto.
“La vita la si scrive in brutta copia, senza possibilità di correggerla e ricopiarla in bella” per dirla alla Mauro Corona. L’aforisma dello scrittore argentino Ernesto Sábato lo sentii citare per la prima volta da Mauro Corona in un’intervista.
Mauro Corona non Fabrizio Corona…

Rivolta d’Adda, lunedì 20 ottobre 2014

La vita la si scrive in brutta copia, senza possibilità di correggerla e ricopiarla in bella. Citazione di Ernesto Sabato