XX – MELGOT


Ecco, il giro in giardino l’ho fatto.
Giusto dieci minuti però.
Fa freddino stamattina.
Non vorrei beccarmi qualcosa.
Beccarmi qualcosa…
Bella questa! Cos’altro potrei beccarmi ancora?
Oggi bisogna anche falciare l’erba. Ci penserà Luca. Da quando mi sono ammalato la taglia quasi sempre lui. Anche quando sto bene, non vuole che la tagli io.
Torniamo a noi.

Da lunedì sera a oggi ho scritto diciannove racconti. Prima di tornare agli anni delle elementari, scriverò ancora qualcosa di mio nonno Carlo. Ho già scritto di lui in “L’ortaglia”, “Tanti bacioni nonno”, “Trappola per topi” e “Ricordo”.
Questo è il ventesimo racconto e scriverò ancora di lui. Solo perché ieri sera mi sono tornate in mente alcune cose e non riuscivo a prendere sonno.
Cose belle però.
Settembre 1972.
Avevo cinque anni e mezzo. Mi portò a spigolare per la prima volta con lui. Si dice spigolare anche in italiano. Volevo spiegarvi cosa vuol dire con parole mie ma vi riporto testualmente ciò che ho trovato sul vocabolario: “Nello sport dello sci, inclinare gli sci caricando del peso del corpo i bordi di essi, in modo da fare maggiore presa sulla neve, specialmente lungo tratti ghiacciati”.
Ma no che mio nonno non mi portò a sciare in montagna.
E poi a settembre.
Stavo solo scherzando!
La seconda definizione di SPIGOLARE è “Raccogliere le spighe di frumento rimaste sul campo dopo la mietitura: spigolare il grano”.
E poi ho trovato SPIGOLATURA che significa “L’azione, il lavoro di spigolare: la spigolatura del grano; uso di spigolare, la facoltà data ai poveri di raccogliere le spighe disperse nei campi, dopo che il grano è stato tagliato e raccolto in covoni” e SPIGOLATORE che significa “Chi spigola, chi va cioè a raccogliere le spighe di grano rimaste nei campi dopo la mietitura”.
Avete capito, allora, dove mi portò quella volta. La sto facendo troppo lunga ma c’è un perché.
Sul vocabolario ho trovato anche il termine SPIGOLAMENTO che significa “L’azione, il fatto di spigolare: spigolamento abusivo, in diritto penale, reato consistente nel ricercare e raccogliere le spighe di grano nel fondo altrui, non ancora spogliato interamente del raccolto, punibile come furto a querela dell’offeso”.
Ecco, mio nonno mi portò a SPIGOLARE.
Perché era uno SPIGOLATORE.
Non di frumento, ma di granoturco. Il mais se vi piace di più. “Al melgot” come lo chiamava mio nonno.
Lo SPIGOLAMENTO non gli apparteneva proprio!
Quanto sopra premesso, vi racconto come andò quella volta.
Ci andammo di pomeriggio, in bicicletta. Il campo non era molto lontano da casa nostra. Una volta erano parecchi i campi coltivati a granoturco.
Intendo per la raccolta dei soli chicchi di grano.
Adesso se ne vedono pochi, ma c’è un perché.
Vi dirò come la penso io. Non adesso però, altrimenti la faccio ancora più lunga. Un’altra volta, sempre ammesso che v’interessi.
Torniamo al campo di granoturco.
Sacco di iuta, tolla di vernice, ovviamente vuota, e il falcetto. “Al sighes” come lo chiamava lui. Questo era quello che serviva.
Il campo era stato mietuto la mattina stessa.
Era importante.
Perché già non era facile trovare le pannocchie e vi dirò il perché. Se poi ci andavi dopo qualche giorno, dalla mietitura intendo, con tutti gli spigolatori che c’erano, figuriamoci: di pannocchie non ne trovavi molte.
Vi devo però prima dire come si presenta un campo di grano dopo il passaggio della mietitrebbia.
Dopo aver falciato il fusto a un’altezza di circa 50 cm, la mietitrebbia si “ingoia” il tutto e, dopo aver sgranato la pannocchia, “sputa” fuori gli scarti. Il fusto, le foglie, il tutolo (il torsolo della pannocchia, per intenderci), il cartoccio (le foglie che avvolgono i chicchi di mais) e anche il pennacchio (la barba delle pannocchie).
Che poi, a voler vedere, non si chiamano nemmeno così le pannocchie. Ma è troppo complicato da spiegare.
Avete capito perché non era facile trovarle?
Dovevi cercarle in mezzo a tutto quel casino le pannocchie. Quelle che erano cadute a terra prima del passaggio della mietitrebbia e quelle che faceva cadere la mietitrebbia, il “mostro” come la chiamavo io, durante la trebbiatura stessa.
Torniamo ancora al campo di granoturco.
A cosa serviva il sighes?
A spostare tutti gli scarti dai fusti, i “stungiù” come li chiamava mio nonno.
Per individuare le pannocchie. E anche per “tastarle” con la punta del sighes per essere certi che fossero “piene”.
Sì, perché spesso il cartoccio ti fregava.
Sembrava contenere la pannocchia, ma in realtà era vuoto.
Ovviamente io tastavo con un bastone, non con il sighes. Certi cartocci lo capivi subito che erano vuoti. Non si poteva sbagliare. Questione di esperienza. Ma io avevo solo cinque anni e mezzo e di esperienza non ne avevo.
Cerchiamo di arrivare al dunque che sono già le 11.00.
Avanti e indietro per il campo con la tolla della vernice. Quando trovavamo le pannocchie, via i cartocci e dentro nella tolla. Quando la tolla iniziava a pesare mio nonno andava alla bici e vuotava le pannocchie nel sacco. E così via, finché il sacco non fu pieno.
Poi l’ha legato, l’ha caricato sulla canna della bici e siamo tornati a casa.
Non posso ricordarmi quante pannocchie trovai quella prima volta. Qualcuna, però, la trovai.
Da solo.
E molte altre me le fece trovare mio nonno.
Già, mio nonno.
Mettendomele proprio sotto il naso, senza farsi vedere da me, dopo aver tolto il cartoccio.
Era impossibile non vederle quelle. Belle grosse e di colore giallo oro.
Ma io avevo solo 5 anni e mezzo.
Certe cose le puoi capire solo quando sei più grande.
Come quella volta delle lucertole…
Ma questa è un’altra storia.
Mi sono dilungato troppo e ho scritto solo del melgot. Devo ancora scrivere che fine facevano le pannocchie una volta a casa.
E poi volevo scrivere anche dello sburlot.
Lo scriverò in un altro racconto.
Ah, dimenticavo, è importante: quando mio nonno mi rivolgeva la parola, lo faceva sempre in italiano. Con mia nonna, invece, si parlavano in dialetto. Io sono cresciuto con loro.
Ve l’ho già detto in “L’ortaglia”.
È per quello che quando andai alle elementari conoscevo già due lingue. L’italiano e il dialetto rivoltano.
A quei tempi, tutti quelli che andavano alle elementari conoscevano già due lingue.
Ma anche questa è un’altra storia.
Quante ne dovrò ancora scrivere riguardo quegli anni?
Boh…
Nel mentre, Luca ha già finito di tagliere l’erba.

Rivolta d’Adda, sabato 27 settembre 2014

pannocchie