XIV – L’ORTAGLIA


Anche stamattina sono ancora a letto, ma mi sto rimettendo…
Beh, non l’avrei mai pensato che mi piacesse tanto scrivere!
In “Ventisette agosto” scrissi che ci sono cose che non puoi dimenticare. Che spesso ti ritornano in mente.
Vero!
Mi riferivo, però, a cose brutte. Ci sono però anche cose belle che col passare del tempo tendiamo a dimenticare. Fortunatamente non le rimuoviamo, ma le archiviamo da qualche parte nella nostra mente.
Da quando ho iniziato a scrivere questi racconti, che poi non sono racconti perché sono episodi veri di vita vissuta, mi sono reso conto che pensando a un periodo ben preciso della mia esistenza mi viene molto facile ricordare. La cosa bella è che mentre scrivo riesco a rivivere anche le emozioni di quei momenti anche se, ovviamente, non con la stessa intensità di allora.
Non l’avrei mai pensato prima di iniziare a scrivere!
Mi ripeto allora: è proprio bello scrivere!

Nei testi che ho scritto finora, mi è capitato di scegliere il titolo alla fine, dopo aver riletto il testo.
Sono nato a Rivolta d’Adda e ci risiedo tuttora. Fino al 1974, abitavo al civico n. 8 di via Baracca. Abitavo con i miei genitori e i nonni materni. In una casa degli anni cinquanta, su due piani, con un grande giardino sul retro. Il giardino sul davanti era invece piuttosto piccolo. Ma molto bello. Al piano di sopra c’erano la cucina, il salotto, due stanze da letto e il bagno. Al pianterreno la cantina e un locale che, francamente, non saprei come definire. Era una sorta di cucina-salotto. In estate vi traslocavamo perché al piano di sopra faceva troppo caldo. Si saliva solo per andare in bagno e per dormire.
Torno a quegli anni…
I miei genitori lavoravano entrambi. Mio papà faceva il falegname a Milano. Mia mamma faceva la commessa in un negozio di alimentari, a Rivolta.
Io sono cresciuto con i nonni materni. Mi ricordo molto bene di mio nonno. Si chiamava Carlo Moroni, classe 1906. Nacque a San Paolo del Brasile il 9 novembre. Era molto buono. Mia nonna, invece, non era proprio così buona. Non che fosse cattiva, solo non era buona come mio nonno.
L’area non era urbanizzata come lo è adesso. La nostra era l’ultima casa di via Baracca. Sulla destra. Poi solo prati. La cosiddetta Ca’ Magna. Via Gramsci non c’era ancora. Vi era solo una strada consortile sterrata che costeggiava la nostra abitazione. Parallelamente alla strada, sull’altro lato, c’era un fosso la cui acqua era utilizzata per irrigare i campi della Ca’ Magna. Mio nonno aveva interrato una piccola tubazione sotto la strada per derivare l’acqua dal fosso e poter così irrigare anche l’orto. O meglio l’ortaglia, come la chiamava lui.
Mi ricordo di quando irrigava l’ortaglia. Toglieva il piccolo chiusino e immediatamente l’acqua fluiva a getto formando una piccola cascatella. L’acqua scorreva impetuosa, proprio come un piccolo torrentello di montagna, tra le aiuole in cui mio nonno piantava ogni genere di verdure. Non so quale sia il termine corretto per identificare “L’aiuola dell’orto”. Mio nonno la chiamava semplicemente “La cola da l’ort”.
Non scandalizzatevi se io la chiamerò “Colla”. Aiuola non mi piace proprio!
Torniamo a mio nonno che, in queste occasioni, calzava sempre vecchi stivali color marrone. Dopo aver tolto il chiusino, indirizzava sapientemente l’acqua tra le varie colle, interrompendone il passaggio con badilate di terra.
Io correvo nell’acqua a piedi nudi. Scalzo, per dirla in italiano. L’acqua era limpidissima.
Poi, finito di irrigare, rimetteva il chiusino.
Tra le colle rimaneva solo una poltiglia che m’infangava i piedi. Non vi dico mia nonna quando rientravo in casa!
Poi mi ricordo bene dei conigli, delle galline e della trappola per topi. E di quando prendevo le lumache. Non le chiocciole. Proprio le lumache.
“I lumagot rus” come li chiamava mio nonno. Quelli che infestavano l’ortaglia per intenderci.
Pensandoci bene, mi ricordo anche delle chiocciole. Di quando mio nonno mi portava con lui a cercarle. Di sera, con la lampada a carburo.
E poi mi ricordo di quanto mi piaceva la frittata che cucinava mio nonno per colazione. Sì, perché lui per colazione si cucinava una bella frittata. Bella nel senso di buona. Me la faceva sempre assaggiare. Questi sono altri racconti.
Li scriverò per me, per rivivere quei momenti.
E poi li renderò pubblici.
Mi ricordo molto bene anche quando mio nonno morì, nonostante fossi ancora piccolo. Era il 15 maggio del 1974, aveva 67 anni, io facevo la 1a elementare. Scriverò anche quella di storia, ma non ora perché non voglio intristirmi…
L’ortaglia, anche se non è italiano.
Intitolerò questo racconto l’ortaglia.

Rivolta d’Adda, venerdì 26 settembre 2014