XIII – DIECI IN MECCANICA


Istituto Tecnico Industriale Statale di Treviglio, anno scolastico 1983-1984, classe IIIa E.
Non ricordo il giorno del primo compito in classe di Meccanica e macchine a fluido.
Ricordo bene, però, come andò.
Il professore si chiamava Piero. Non aveva ancora avuto modo di conoscerci bene perché quella materia non veniva insegnata nel biennio. Ebbene Piero, nello sparigliare i banchi prima di distribuire i fogli del compito in classe, piazza Moreno Pala, detto il “Moro”, alla mia sinistra e Antonio Bianchetti, detto il “Bianco”, alla mia destra. Distanza tra i banchi: poco più di un braccio.
“Meglio di così non poteva andare” mi sono detto.Ah, dimenticavo: quella materia non mi andava proprio a genio, nel senso che non mi piaceva la Meccanica. Per quello scelsi l’Elettrotecnica. Ma in IIIa e IVa c’era comunque un monte ore di Meccanica e macchine a fluido.
Non ricordo se al Bianco e al Moro quella materia piacesse o no. Poco importa però, perché prendevano dieci su dieci in tutte le materie. Torniamo al compito in classe. Piero inizia a distribuire i fogli con gli esercizi. Una rapida occhiata non appena me lo consegna e… buio pesto! Prevedibile.
Ampiamente prevedibile.
L’ho già scritto in “ITIS” che non mi piaceva molto studiare, figuratevi poi le materie che non mi piacevano.
La prima ora passa e il mio foglio è ancora bianco. Faccio giusto qualche scarabocchio sul foglio di brutta per non dare troppo nell’occhio.
Nella seconda ora riesco finalmente ad ottenere dal Bianco (ottenere, perché non era facilissimo) un primo foglio di brutta. Copio un esercizio e restituisco.
Con il Moro l’impresa è più ardua. Mi devo impossessare con la forza dei fogli di brutta. Copio due esercizi e restituisco. Manca poco al termine della seconda ora.
Il Bianco ha finito, si è rilassato e mi passa l’altro foglio di brutta. Copio velocemente l’ultimo esercizio e restituisco.
Due esercizi copiati dal Bianco e due dal Moro: l’otto è assicurato. Suona la campanella, Piero ritira i compiti in classe e ci saluta. La settimana successiva ce li avrebbe riconsegnati. Sono tranquillissimo, potrebbe anche essere un nove.
Piero ci chiamò in ordine alfabetico per restituirceli.
Tralascio gli altri compagni perché non so quali voti presero.
Però mi ricordo cosa presero il Bianco, il Moro, e il sottoscritto.
Il Bianco nove, il Moro nove e io dieci.
Dieci!
Come è possibile mi chiedo…
Ecco la spiegazione: il Bianco e il Moro avevano commesso entrambi un piccolo errore in uno dei quattro esercizi, ma non nello stesso. Io, avendo copiato in tempi diversi un po’ dal Bianco e un po’ dal Moro, ho casualmente copiato gli esercizi corretti dell’uno e dell’altro.
Risultato: tutto giusto!
Voto: dieci! Bene! Bravo!
Bravo un cazzo!
Perché presi il voto più alto e Piero mi chiamò alla lavagna per correggere il compito in classe.
Mi alzo mestamente dal banco e vado alla lavagna.
E adesso?
Un’occhiata al foglio del compito in classe e scrivo qualcosa sulla lavagna, un’altra occhiata e scrivo ancora qualcosa.
Ma non funziona…
Allora mi gioco il jolly “Non mi sento molto bene” dico al professore.
E lui mi risponde “Sarà meglio che vada a sederti allora”.
Non ricordo se ha poi chiamato il Bianco o il Moro per la correzione alla lavagna.
Ricordo, però, che Piero non infierì minimamente sul sottoscritto pur avendo capito che quel voto non era farina del mio sacco. Non solo non infierì, ma non mi abbassò neanche il voto del compito in classe.
Un grande! Gli sono riconoscente ancora adesso…
Anche se poi ci pensarono i due compiti in classe successivi a rimettere le cose a posto…

Rivolta d’Adda, giovedì 25 settembre 2014

Classe e banchi