CIV – COSA MI DICI MAI?


Stanotte, prima di iniziare a scrivere, ho cliccato su – invita i tuoi amici a mettere “Mi piace” Progetto My Everest – nella pagina di Facebook.
Invita, invita, invita, invita, invita, invita.
E intanto pensavo che anche “In vita”, staccato, “Mi piace”.
Gioco di parole…
Intanto piove, piove e piove ancora.
Speriamo di non finire ancora sott’acqua, come nel 2002.
Mony avrà anche ragione, ma se non riesco a dormire non è mica colpa mia.
E poi, a voler ben guardare, è anche un modo di allungare la vita.
Se dormissi dodici ore al giorno vorrebbe dire vivere di meno.
O no?
Anche se è vero che non si può continuare a dormire così poco, come in quest’ultimo periodo.

Nel 2004 girarono anche un film. “L’uomo senza sonno” il titolo. Con Christian Bale che ha interpretato Tevor Resnik, colpito da un lunghissimo attacco d’insonnia.
Va beh, domani sono in ferie e cercherò di riposare un po’.
In “Melgot” scrissi “Una volta erano parecchi i campi coltivati a granoturco. Adesso se ne vedono pochi, ma c’è un perché. Vi dirò come la penso io. Non adesso però, altrimenti la faccio ancora più lunga. Un’altra volta, sempre ammesso che v’interessi”.
Sarà meglio che ve lo dica subito come la penso, prima che mi diciate che non vi interessa.
Non è semplice da spiegare, ma faccio un tentativo.
Non un tentativo alla vetta come quello di IhopeIdreamIlive. Quello non è più un tentativo, ma una certezza ormai.
Grazie agli amici, agli amici degli amici e agli amici degli amici degli amici.
Torniamo a noi.
Quando andavo a spigolare con mio nonno vedevamo, in qualche campo, pochi a dire la verità, la trinciacaricatrice invece della mietitrebbia.
Mio nonno mi diceva “Vedi, adesso danno da mangiare gli stungiù ai bovini, chissà dove andremo a finire…”.
Chi non avesse ancora letto “Melgot”, deve sapere che gli stungiù sono i fusti del mais.
La trinciacaricatrice macina pannocchie, fusti, foglie, tutoli, cartocci e pennacchi.
Tutto insomma…
Insilato di mais si chiama il prodotto finito. In gergo, trinciato o sfibrato.
Quando ero piccolo, invece, gli scarti del mais erano trinciati, imballati e utilizzati come lettiere nelle stalle.
Per sternirle.
Anche se sternirle non è italiano.
Ma non è neanche dialetto, perché in dialetto si dice “sternì”.
Mi sovviene di usare il termine accomodare le mucche, ma non so se sia corretto.
Anno dopo anno, sono via via aumentati i campi di mais per la produzione d’insilato. A scapito di quelli coltivati per la sola raccolta del mais.
Stanotte, quelle parole di mio nonno mi sono tornate in mente.
Secondo me aveva ragione.
Sì, perché non è mica da sempre che i bovini mangiano i fusti del mais.
Prima mangiavano solo l’erba.
O il fieno, che però alla fine è ancora erba secca.
In materia sono ignorante, che non è una parolaccia.
Semplicemente ignoro perché hanno iniziato ad alimentare i bovini con l’insilato.
Un motivo ci sarà sicuramente. Non che m’interessi più di tanto saperlo. Anche perché i bovini l’insilato o sfibrato o trinciato o come si chiama lo mangiano.
Apro una parentesi.
È anche vero che quando uno ha fame mangia di tutto. Basta leggere “Centomila gavette di ghiaccio” per essere d’accordo con me.
Ma no che “Centomila gavette di ghiaccio“ non è un mio racconto. È un libro scritto da Giulio Bedeschi. Narra della ritirata di una piccola batteria della Divisione Julia nella Campagna di Russia. Seconda guerra mondiale. Io l’ho letto due volte.
Divisione Julia: Alpini. Con la “A” maiuscola. Capito Fabrizio?
Chiusa la parentesi.
M’interesserebbe di più sapere, ma solo per curiosità, cosa preferirebbero mangiare le mucche se potessero scegliere.
Se l’insilato o l’erba medica.
Tutto qua.
Poniamo il caso che in questo momento mi addormentassi, il che non sarebbe neanche una brutta cosa.
E che venga a trovarmi in sogno mio nonno.
“Nonno, sai che adesso non possiamo più andare a spigolare?” gli direi.
“Perché?” mi direbbe lui.
Io “Perché per trovare un campo in cui poter spigolare dobbiamo andare molto lontano. Non ci possiamo più andare in bici, come quando ero piccolo”.
Lui “Lo sapevo che i campi coltivati per la produzione d’insilato avrebbero preso il sopravvento”.
Io “Non solo nonno. Adesso coltivano il mais anche per produrre energia elettrica”.
Lui mi avrebbe detto “Cosa mi dici mai?”.
Alla Topo Gigio per intenderci.
Poi avrebbe aggiunto “Il mais per produrre energia elettrica? Va bene darlo da mangiare ai bovini, ma usarlo per produrre energia elettrica. Chissà dove andrete a finire…”.
E poi se ne sarebbe andato via sconsolato.
Dal sogno intendo.
Non prima di avermi ripetuto, ancora una volta, “Cosa mi dici mai?”.
Ancora alla Topo Gigio…

Rivolta d’Adda, giovedì 13 novembre 2014

PS1
Sia chiaro: ciò che ho scritto è solo quello che pensiamo io e mio nonno.

PS2
Spero che gli agricoltori e gli allevatori non prendano troppo sul serio questo racconto. Lo so anch’io che, per come siamo messi al giorno d’oggi, non hanno alternative. E spero che donino qualche Euro anche loro.

PS3
Senza peccare di presunzione, nel campo della produzione di energia elettrica da impianti a biogas e da altre fonti cosiddette “rinnovabili”, non sono ignorante del tutto. La penso un po’ come mio nonno in sogno. Però non entro nel merito. Perché spero che donino qualche Euro anche i proprietari di impianti a biogas.

campo di mais