Chirurgia=guarigione è sempre vero?


Articolo scritto da dott. Michele Reni, medico oncologo e ricercatore, e dott.ssa Marta Chiaravalli, medico oncologo

 

Circa il 30% dei pazienti affetti da neoplasia pancreatica si presenta alla diagnosi con un tumore con resecabilità incerta o non resecabile. Il trattamento di scelta per questi pazienti consiste nella chemioterapia primaria seguita, quando possibile, da chirurgia. L’intervento chirurgico in questa malattia è particolarmente impegnativo e rischioso e non va certo perseguito ad ogni costo perché non garantisce la guarigione. Per giustificarne gli elevati rischi, sarebbe saggio proporlo al paziente solo se si suppone che possa offrirgli un rilevante contributo al controllo della malattia.

Non abbiamo però elementi che ci aiutino ad identificare chi potrebbe davvero beneficiarne.

Come selezionare i pazienti con adenocarcinoma pancreatico per la chirurgia dopo la chemioterapia di induzione?

chirurgia=guarigioneNel tentativo di identificare alcuni parametri clinici che potessero aiutarci a selezionare i candidati migliori per la chirurgia, abbiamo raccolto e analizzato, anche con il contributo della dottoressa Silvia Romi, la data manager messaci a disposizione dall’Associazione My Everest, i dati riguardanti 223 pazienti diagnosticati tra gennaio 2002 e febbraio 2016 e trattatati con chemioterapia primaria presso il nostro Dipartimento di Oncologia all’Ospedale San Raffaele di Milano.

Alcuni di loro, per la precisione 61, al termine della chemioterapia sono stati sottoposti ad intervento chirurgico. L’unico elemento correlato al risultato terapeutico è stata la riduzione del marcatore tumorale CA19.9. In particolare, i pazienti in cui il CA19.9 si è ridotto di almeno il 50% rispetto al valore iniziale hanno vissuto più del doppio del tempo rispetto a quelli con minore risposta, suggerendo che in questi ultimi l’intervento chirurgico non è in grado di migliorare il controllo della malattia.

Questo risultato non è una sorpresa: tutti quanti sappiamo che la malattia pancreatica è insidiosa perché tende a diffondersi per il corpo in modo invisibile.

Solamente una chemioterapia efficace è in grado di colpire le cellule nascoste. Se la chemioterapia funziona bene (riduzione del marcatore tumorale) allora il trattamento sulla malattia visibile può contribuire ad un miglior risultato finale. Viceversa, l’intervento chirurgico comporta solamente rischi elevati senza benefici.

L’altra importante osservazione di questo studio, coerente con la precedente, è l’inadeguatezza di una classificazione della malattia sulla base del criterio di resecabilità chirurgica. Infatti, una malattia può essere o diventare resecabile chirurgicamente ma se è biologicamente aggressiva e non risponde bene al trattamento chemioterapico lo sforzo è vano.

Occorre in pratica operare una vera e propria rivoluzione culturale superando l’equazione sbagliata: chirurgia=guarigione. Il vero nodo cruciale è l’efficacia del trattamento farmacologico, l’unico in grado di raggiungere tutte le cellule, indipendentemente da dove si siano nascoste.

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